La domanda sorge spontanea leggendo fino in fondo la notizia della condanna di uno stupratore, riportata da Luigi Ferrarella sul Corriere della Sera. Nonostante la predilezione ammirata del collega verso la categoria (dopo spieghiamo perché) emerge il dettaglio di un orrore giudiziario evitato.
In fondo al tunnel si vede la luce!
Partiamo dal fondo: nel dicembre 2022 la gip milanese Ileana Ramundo respinse la richiesta di archiviazione e ordinò l’«imputazione coatta» dell’uomo, di cui martedì in tribunale la pm Daniela Bartolucci ha invece argomentato, insieme a una tirocinante della Procura, la richiesta di condanna a 4 anni che la gup-giudice dell’udienza preliminare Sara Cipolla ha accolto in rito abbreviato, dunque già con la riduzione di un terzo.
Siamo giunti a condanna in 11 mesi. Quindi arrivare a sentenza in tempi ragionevoli si può fare, e si poteva fare anche nel 2019 quando una ragazza denunciò di essere stata violentata. Anziché procedere ad indagini e ricerca del soggetto fu chiesta l’archviazione. Ci dice con tono assolutamente neutro Ferrarella (che non vuole evidentemente creare disagio): “la pm Michela Bordieri aveva in prima battuta chiesto l’archiviazione dell’indagato «per insussistenza di alcuna condotta di minaccia e violenza nel compimento degli atti sessuali», in quanto «non risulta che la ragazza urlò o si dimenò», e «non ha riferito alcuna forma di coartazione fisica né di manifesto dissenso a gesti o a voce». La seconda richiesta di archiviazione era poi stata motivata con la possibilità che il 32enne avesse «“frainteso” il silenzio della ragazza per l’ora tarda e la stanchezza».”
(ndr – Ferrarella, le sembra tutto normale? La leggiamo con serena prosecuzione, tutto normale.)
Due volte… nel frattempo il tempo passa, la vita della vittima prosegue, con le sue vicissitudini sicuramente aggravate dal doloroso episodio (e forse dall’essersi sentita colpevole e inascoltata?) e purtroppo si conclude con il suicidio della ragazza. Precisiamo che l’obiettivo di questa riflessione non è addossare colpe di questa tragedia, ma di sottolineare che una certa realtà giudiziaria può avere un peso nella realtà reale. Ricordiamocelo. Tutti.
Conclude Ferrarella: “In attesa delle motivazioni è immaginabile che la gup abbia condiviso l’assunto della gip che, nel negare l’archiviazione, valorizzò sentenze di Cassazione sul fatto che «non esiste alcun indice normativo che possa porre a carico del soggetto passivo un onere, neppure implicito, di espressione del dissenso alla intromissione di terzi nella sfera di intimità sessuale»; e che invece «si deve presumere tale dissenso laddove non esistano indici chiari e univoci volti a dimostrare l’esistenza di un (sia pur tacito ma in ogni caso inequivoco) consenso».”
E qui arriva il titolo di questo pezzo… Perché si è dovuti passare per due richieste di archiviazione, per arrivare a una condanna basata su un presupposto di giurisprudenza che si sarebbe potuto considerare subito? Perchè? E quindi la domanda: Per i PM cio che sentenzia la Cassazione conta?