Inutile fare i democristiani con le toghe d’assalto.
Belpietro affronta un tema interessante iniziando con un aneddoto che raccontava Cossiga, un episodio collocabile più meno a metà degli anni sessanta. Il futuro Presidente si recò, insieme a un collega, a far visita a Flaminio Piccoli, all’epoca importante esponente DC, cercarono di convincerlo a votare contro la legge che avrebbe rivisto il regolamento della carrriera dei magistrati. Piccoli non li lascio nemmeno parlare “Per carità, se questa legge non passa quelli ci arrestano tutti”.
Il racconto suona incredibile, un ricatto? Un patto? E per cosa, ci chiediamo da uomini della strada che magari all’epoca non erano ancora nell’età della ragione?
I magistrati tenevano tanto, pare, alle legge Breganzone. Fino al 1965 le toghe che volevano salire di grado dovevano sottoporsi a una selezione molto dura ed erano pochi quelli che riuscivano a superare il concorso arrivando in Cassazione.
Dal 1966 grazie a Breganzone, ed evidentemente al timore di arresti di massa fra i politici, gli avanzamenti furono riconosciuti a chiunque. Da allora non si fece più carriera per meriti ma solo per appartenza a una corrente.
Incredibile, una funzione così delicata – scrive Belpietro, e sembra importante riprenderlo – che decide per la libertà e ilpatrimonio delle persone viene promossa senza meriti, senza alcune valutazione. Eppure è così.
Non è l’unico privilegio, chiunque nelle pubbliche amministrazioni e nella politica, quando viene rinviato a giudizio, viene invtato/costretto alle dimissioni. Succederà anche ai miagistrati? No, per loro questa regola non vale. Ci sono molti casi, Belpietro ce ne cita uno, un magistrato siciliano condannato in primo grado. Dopo la sentenza viene invitato a fare le valigie. Per? Raggiungere un’altra sede! Non più amministratore di giustizia penale ma civile, ma sempre in carica e responsabile di decisioni di importanza enorme.
Le sirene che oggi cantano chiedendo le dimissioni di Ignazio La Russa o Daniela Santanché non si sono per nulla turbati di fare le medesima richiesta quando dei PM sono stati rinviati a giudizio per non aver presentato prove, nelle loro dipsonibilità, durante il processo Eni. Il rinvio è stato determinato dai fatti accaduti in aula, momenti imbarazzanti in cui i protagonisti hanno anche cercato di sminuire la realtà, informando la corte che le prove in questione non erano di alcun rilievo. Certo… hanno determinato l’assoluzione piena, tanto erano irrilevanti. Complimenti!
Quindi sintetizzando, indigati, rinviati a giudizio, condannati in via non definitiva, tutti devono dimettersi, tranne le toghe.
E quindi governo in guerra con le toghe? O forse toghe in guerra contro le istituzioni per imporre quello che ritengono giusto? Forse tutto questo agitarsi è determinato dalla paura? Prima Palamara, e il CSM, ora Nordio, domani? PEricolo, grande pericolo di dover tornare alla realtà.
Leggendo queste belle parole ci chiediamo, ma un chirurgo indagato per aver commesso un errore (non dolo come i due pm) sarebbe sospeso dal ruolo?
Un carabiniere che usa l’arma di servizio (magari legittimamente) e viene indagato? E se viene rinviato a giudizio?
Per rimanere in ambiti di servizi utilità/pericolosità sociale.
Nel privato ti stroncano.
Sarà interessante vedere come evolveranno le cose nelle prossime settimane…